mercoledì 5 maggio 2010

Il Palau de la Musica catalana è un’edificio parlante




Si può affermare che il Palau de la Música Catalana, oltre che l’opera forse più importante del modernismo a Barcellona, è soprattutto un manifesto del catalanismo, spiega attraverso un sistema di simboli, tutti i valori e la storia del suo committente, l'Orfeo Català.

Cerchiamo di spiegarne i motivi con un po’ di storia: l’edificio si trova in carrer Sant Pere més alt, nel tessuto medievale della città, e i 1400 metri quadri del terreno sul quale insiste sono pochissimi rispetto alle necessità funzionali del complesso. Nonostante le dimensioni molto ridotte fu pagato caro e, a parte una base iniziale, la costruzione fu finanziata attraverso una sottoscrizione popolare, senza fondi pubblici. Il promotore della costruzione e a tutt'oggi suo titolare è un'istituzione storica e politica del mondo catalano, l'Orfeo Català. Per adesso diciamo soo che si tratta di un'associazione di canto corale nata alla fine dell'Ottocento, che ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo e diffusione del catalanismo, corrente culturale e poi politica che identifica nell'amore e la riscoperta del proprio paese il proprio obiettivo principale. Lo strumento di quest'associazione è il canto, quindi l'edificio che lo deve ospitare, un auditorium.

L’architetto incaricato del progetto, Lluís Domènech i Montaner, risolse ció che avrebbe potuto essere un problema insormontabile in modo geniale ponendo la sala da concerto al primo piano, sopra gli uffici della sede dell’Orfeó. Il vano d’ingresso, certamente piccolo per gli oltre 2200 posti della sala, è a volte basse e rivestite di ceramica color ocra. La sala da concerto si raggiunge attraverso un doppio scalone con balaustre in colonnette di vetro dorato e se il colpo d’occhio all’entrata dell’auditorium è ancor oggi straordinario, immaginiamo quali sentimenti poteva suscitare negli spettatori dell’epoca.
Entriamo in alcuni dettagli per cercare di spiegare che il Palau è un catalogo di tutto quello che gli artigiani e le piccole industrie sapevano fare e i materiali impiegati sono molto vari e lavorati con sapiente finezza. Il vetro, la ceramica, il ferro battuto che vediamo impiegati nel Palau erano la manifestazione di un tessuto artigianale diffuso in tutta la Catalogna, che gli architetti modernisti seppero impiegare per creare un linguaggio nuovo, moderno appunto.
Un’enorme bolla, galleggiante al primo piano, quasi completamente vetrata, smaterializzata, nella quale il peso della struttura è annullato dalle pareti con vetrate istoriate, come in una cattedrale gotica. L’enorme lucernario decorato diffonde una luce celestiale, insieme con i lampadari agganciati alle colonne e ad un gioco di riflessi vitrei multicolori. Tutto, all’interno della sala, sembra leggero, etereo, poetico. La potente struttura che sostiene il tutto non si percepisce assolutamente, e questo è uno dei grand risultati raggiunti da Montaner.
L’edificio è parlante, un’antologia patriottica, costruito in memoria di Anselm Clavè, l’inventore del canto corale catalano moderno. Un’allegoria dei valori culturali del catalanismo.
All’esterno, sopra l’ingresso, nella parte più alta, praticamente invisibili dalla strada, le pareti sono rivestite di mosaici che raffigurano i cantanti dell’Orfeo davanti a Montserrat. Sopra di loro, una sorta di regina, che rappresenta La Balanguera, da una poesia di Joan Alcover, musicata da Amadeu Vives, uno dei fondatori dell’Orfeo. Nelle terrazzette delle logge, busti di grandi compositori: Palestrina, Bach, Beethoven e Wagner. Ed è proprio a quest’ultimo che tutta la costruzione e la sua simbologia alludono. L’opera d’arte totale: musica, pittura, scultura, nella quale tutti gli artisti mettono il loro genio.
L’apice dell’effetto si raggiunge nella scultura d’angolo dedicata alla Cançó Popular, tanto cara ai promotori dell’Orfeo: vi sono raffigurati il popolo di Catalunya, donne e bambini, contadini e pescatori e la <>Cançó, in forma di fanciulla. Su tutti veglia un grande San Giorgio con la Senyera che garrisce al vento.
Ma anche all’interno il Palau è un trionfo di storie e di simboli. Nella sala, a tre livelli, sempre con balaustre in vetro, si è travolti dal grande proscenio, trasformato in una scultura bianca, che espone l’ideologia dell’Orfeó. Si deve ricordare che il Palau nacque per ospitare i cori, quindi il proscenio ed il palcoscenico dovevano essere in qualche modo arricchiti per dare cornice alle esibizioni musicali, di per se molto statiche.
Proscenio e scena come cornice e fondo, quindi, di un quadro sonoro.
A sinistra, di nuovo la Cançó Popular, il busto di Clavè, baffuto come alla moda del tempo. Il grande salice piangente con due fanciulle che raccolgono e intrecciano ghirlande di fiori è la raffigurazione della canzone di Clavè Els flors de Maig.
Sulla destra, un busto di Beethoven in mezzo a due colonne doriche. In alto, la nascita della musica nuova, rappresentata da una nuvola (o una tempesta) che si trasforma in walkirie wagneriane che con le spade e su enormi cavalli alati, che galoppano verso Clavè dall’altra parte…
Alle spalle del nudo palcoscenico, c’è un fondale a emiciclo pieno di colore, dello scultore Eusebi Arnau. Un vero capolavoro della ceramica, rivestito del tradizionale trencadis che recupera le piastrelle di ceramica rotte. Colori caldi, dall’arancio al rosso e soprattutto diciotto fanciulle che suonano strumenti musicali e indossano abiti medievali. L’innovazione artistica, di grande effetto, Arnau l’ha ottenuta tirando fuori il busto delle ragazze dal fondo piatto e modellandolo a tutto tondo: le ninfe dipinte, diventano sculture ed escono dalla parete.
Insomma, con una modalità del tutto modernista, il Palau è una pubblica esposizione di tutto quello che gli artigiani catalani sapevano fare. E di come intendevano la loro identità.
È una spettacolare metafora, di un gusto per noi oggi forse un po’ esagerato, pensato come auditorium di canto corale ma che, nel tempo, ha accolto ogni tipo di manifestazione, e questo l’ha trasformato in un vero luogo di tutte le musiche.
Forse si è mantenuto un luogo vivo proprio perchè, affiancando ai cori anche il jazz, il balletto, la musica sinfonica, cameristica e i convegni politici, da oltre cent’anni fa battere il cuore dei catalani e di tutti coloro che hanno l’opportunità di vederlo.

http://www.edu3.cat/Edu3tv/Fitxa?p_id=18133&p_ex=palau%20de%20la%20m%FAsica