venerdì 10 settembre 2010

Elezioni del parlamento in Catalogna



Il 28 novembre 2006 José Montilla,del PSC(Partito Socialista di Catalogna), prendeva possesso della carica di Presidente della Generalitat, espressione della forma di governo della Catalogna, diventandone il capo. Giusto quattro anni dopo, terminando la legislatura completa, lo stesso giorno si svolgeranno le elezioni del nuovo parlamento. Secondo la legge elettorale che ancora non si riesce a riformare, il capo dell'esecutivo viene deciso dai partiti sulle alleanze che si fanno dopo le elezioni dei deputati.
I tempi erano stretti e Montilla ha scelto il 28 novembre. Curiosa la reazione sul fatto che, essendo la domenica nella quale si gioca a Barcellona la "classica" Barça-Madrid, potrebbe esserci scarsa affluenza alle urne. Al momento in cui scriviamo si sta trattando di anticipare la partita al sabato, ma la cosa è in mano alle potenti società concessionarie dei diritti televisivi.
L'importanza di queste elezioni l'ha sottolineata lo stesso presidente, definendole come quelle decisive non per quattro anni ma per un'intera generazione.
Secondo le inchieste, dopo due legislature i socialisti perderanno la presidenza in favore di CIU (Convergència i Unió), il partito del vecchio ed ancora influente Jordi Pujol, che governó il paese per 23 anni consecutivamente. Il suo candidato, Artur Mas, è rimasto in attesa per due legislature ed ora raccoglie i frutti del suo lavoro, ma anche degli errori e dell'ambiguità del partito socialista catalano, troppo soggetto al grande PSOE, il Partito Socialista Obrero Español.

domenica 5 settembre 2010

Università, lingua e normalità


La distanza della realtà catalana dalla normalità del resto dei paesi democratici si dimostra periodicamente, e per disgrazia assai spesso, con polemiche che si generano intorno ad argomenti che in una società matura non si pongono nemmeno, come la necessità di conoscere la lingua di un paese per poterci lavorare.
Le conseguenza dell’annuncio dell’approvazione di un decreto che impone ai professori universitari che vogliano ottenere un posto in Catalogna l’obbligo di dimostrare un livello di conoscenza minimo del catalano, il clamore che ne è derivato porta a pensare che dietro l’opposizione ad una cosa tanto ovvia non ci sia altro che una triste resistenza corporativa oppure un’avversione politica inaccettabile.
La ferma posizione di alcuni rettori, come quello dell’Università di Lleida, contrasta con alcune voci che si fanno scudo con un’assurdo cosmopolitismo del sapere per difendere il diritto dei docenti a non conoscere la lingua dei loro alunni che, ricordiamo, arrivano all’università con un livello di conoscenza del catalano certificato come sufficiente.
I criteri di eccellenza, discutibili, che escludono come non necessaria la conoscenza della lingua non sono altro che una copertura per nascondere la pigrizia mentale o la cattiva fede.
Il decreto del governo stabilisce una serie abbastanza ampia di meccanismi e formule per dimostrare la propria competenza linguistica. Un catalogo di facilitazioni che farebbe arrossire chiunque, figuriamoci quando è rivolto a persone di dimostrata eccellenza intellettuale. Comunque sia, il Governo della Generalitat non puó sottostare a pressioni o cedere nemmeno di un millimetro nell’approvazione di un decreto che non solo è necessario per rendere normale la vita universitaria ma soprattutto perché è un passo in più per mettere la lingua di questo paese dove dev’essere, e cioé nella più semplice normalità.

Editoriale de l'Avui domenica 5 settembre 2010

Traduzione di Marco Giralucci