lunedì 3 maggio 2010

Fortuny, il mago di Venezia




Proust lo chiamava così, ed aveva ragione. Mariano Fortuny era nato a Granada nel 1871, in una famiglia dell’alta tradizione della pittura iberica. Il padre -del quale ricordiamo La battaglia di Tetuan visibile al MNAC- era barcellonese e la madre proveniva dalla famiglia dei Madrazo, pittori della corte spagnola. Rimasto orfano del padre a soli tre anni, Mariano fu portato nella Ville Lumière per essere educato nel migliore dei modi. Fattosi grande, cominció a viaggiare per le più importanti città del vecchio continente. L’Europa culturale era una realtà e Venezia ne faceva parte. Non era solo decadente come la descrive Thomas Mann, ma anche centro vivo di cultura e società. Richard Wagner, come molti altri del suo tempo, visitava spesso la città lagunare e vi morí nel 1883.
Gli interessi di Fortuny spaziavano dalla pittura alla fotografia, alla moda al teatro. E decise di vivere nella città della luce per antonomasia, Venezia.

Anche se completamente immerso nell’eclettismo di fine Ottocento, entró nel nuovo secolo con invenzioni spettacolari che ancora oggi si usano nei teatri di tutto il mondo. Mise in produzione una cupola in tela che permise di passare dal vecchio sistema scenografico con fondali dipinti, agli effetti cangianti della luce elettrica riflessa dalla cupola stessa.
Nel 1900 il Teatro alla Scala di Milano mise in scena la sua scenografia di Tristan und Isolde. Fortuny, con la sua raffinata creatività, era uno degli artefici dell’opera d’arte totale wagneriana.
Tutte queste attività lo portarono anche ad utilizzare la componente catalana del suo carattere, quella di home de negocis, in italiano uomo d’affari. Fece società con un gigante dell’industria dell’epoca, la tedesca AEG Allgemeine Elektrizitaets-Gesellschaft, per produrre i suoi apparecchi a luce indiretta per il teatro, e con Giancarlo Stucky industriale veneziano, per mettere in piedi la fabbrica di tessuti che ancora oggi, nell’isola della Giudecca, produce tessuti stampati con tecniche segrete.
Molto di ció che Mariano Fortuny ha creato è ancora in produzione. Quasi tutto ancor oggi si puó comprare, salvo forse il suo vestito Delphos del 1909. Del resto, per il suo prezzo, non sarebbe avvicinabile dai comuni mortali e non lo era neppure allora. Una tunica plissettata, sempre un pezzo unico e irripetibile, che si adattava al corpo come nelle statue greche e tinta immergendola anche in 15 bagni di colore diversi.Delphos era un’abito portato solo poche donne, artiste, ballerine, ricche e sufficientemente libere da ignorare le convenzioni dell’epoca. Sotto il vestito, infatti, non si indossava niente.
La visita all’esposizione di Barcellona puó essere completata con un fine settimana a Venezia per visitare il Museo Fortuny, a palazzo Pesaro degli Orfei. Da qualche tempo è anche visibile la famosa fabbrica di tessuti. Tutte le informazioni sui siti www.fortuny.com e dei musei civici di Venezia.