domenica 13 giugno 2010

Sport e/è politica



Oggi 13 giugno 2010 per la Catalogna è un giorno importante, giorno di elezioni per scegliere il nuovo presidente del “Futbol Club Barcelona”, conosciuto in tutto il mondo come Barça. Se si chiede a qualcuno, in Spagna o all’estero, il nome del Presidente della Generalitat (governo della regione autonoma catalana), in pochi sapranno rispondere. Tutti invece sanno che Joan Laporta è stato il presidente del Barça fino ad oggi e dal primo luglio impareranno quello di Sandro Rosell, eletto con una maggioranza schiacciante.

Seicento giornalisti accreditati, tutti i mezzi di comunicazione locali e internazionali hanno coperto l’evento: negli ultimi giorni ci sono state decine di interviste individuali e 4 dibattiti televisivi con gli aspiranti alla presidenza di una società con circa 170.000 membri dei quali 118.665 erano chiamati al voto. Quasi la metà si è recata personalmente al Camp Nou per depositare nell'urna la propria preferenza.

Il Barça non è una società per azioni, bensí un club nel quale ognuno dei soci vale un voto, e per essere eletti al consiglio direttivo si deve presentare una candidatura sostenuta da un minimo di firme.
Cosa voglia dire essere presidente del Barça di oggi, quando la squadra pigliatutto e del calcio spettacolo introdotto da Johan Cruiff, gira per il mondo raccogliendo consensi fino al punto di decidere di essere lei stessa sponsor dell’UNICEF, è abbastanza semplice da capire.
Ma quando tutti i giocatori, catalani o meno, salutano il pubblico al grido di “visca el Barça, visca Catalunya” sollevando un’ovazione generale, la comprensione richiede maggiori informazioni.

Politica e impegno sociale sono sempre stati presenti nell’attività del celebre club. Fondato nel 1899 da Joan Gamper, uno svizzero che ne fu cinque volte presidente, eccettuate le imposizioni di due dittature, ha quasi sempre conservato il sistema elettivo attraverso il voto dei soci in assemblea.
Nel 1925 la febbre anticatalanista del dittatore Miguel Primo de Rivera arrivó a chiuderne lo stadio per sei mesi, allora nel quartiere de Les Corts, perché durante una partita di omaggio al coro dell’Orfeo Català -altro baluardo del catalanismo- l’inno spagnolo era stato fischiato. Lo scoppio della guerra civile nel 1936 vide il presidente Josep Sunyol fucilato dai soldati franchisti.

Més que un club, più di un club, si dice negli statuti del Barça, e fra le finalità ci sono “la promozione e partecipazione ad attività sociali, culturali, artistiche, scientifiche o ricreative necessarie per garantire la sua partecipazione pubblica, frutto della tradizione di fedeltà e servizio ai soci, ai cittadini, alla Catalogna”.
Tutti i gli aspiranti presidenti hanno dichiarato che il club continuerà comunque ad essere catalanista, al punto che nell’ultima riunione del direttivo uscente si è deciso di mettere a disposizione il Camp Nou per le consultazioni dell'aprile del 2011, organizzate da gruppi di cittadini sull’indipendenza della Catalogna dallo stato spagnolo.