lunedì 21 luglio 2014

Rebus catalano

di Giulia Villabruna 
dalla tesi di laurea «La qüestió catalana a la premsa italiana»

L’articolo Rebus Catalano[1] di Marco Cicala pubblicato nel settimanale Il Venerdi del quotidiano La Repubblica cercava di spiegare il movimento indipendentista attraverso il suo ruolo nella politica italiana. Il punto di vista dell’autore, però, è molto impreciso e dimostra un’interpretazione spostata più verso il polo di Madrid che verso Barcellona. Concretamente, l’utilizzo di certe parole disorienta il lettore italiano che non conosce il tema. Per esempio, la parola “nazionalista” in Italia ha una connotazione molto negativa e pericolosa, e s’identifica politicamente con l’estrema destra fascista. I nazionalismi, soprattutto nell’immaginario italiano e tedesco, si associano con gli ideali totalitari e imperialisti del XIX secolo e con la violenza del nazi-fascismo del XX secolo: è inevitabile che queste parole evochino sentimenti negativi.

Utilizzare la parola “nazionalismo” senza spiegarne il contesto socio-culturale è già una prima manipolazione. Credo che l’affermazione perentoria «il nazionalismo è ovunque di destra. Salvo che in Catalogna» possa facilmente confondere il lettore italiano, trasmettendo l’idea di un contesto politico ambiguo, senza una distinzione esatta fra “destra” e “sinistra”. Il nazionalismo in Catalogna ha sempre avuto un’espressione pacifica e democratica, e non si deve confondere con i movimenti dei Paesi Baschi o della storia d’Italia.

Il Col·lectiu Emma, sodalizio che si impegna a diffondere un’immagine fedele della realtà catalana, ha criticato con forza l’articolo di Cicala; secondo la sua replica,[2] dire che «nelle scuole il castigliano è ormai ridotto a pochissima cosa. Al punto che durante la ricreazione ci sono vigilantes preposti a controllare che gli studenti non parlino spagnolo» è falso.

La questione della lingua, in Catalogna, è senza dubbio uno dei temi più dibattuti ma la descrizione di Cicala non è reale. Già dal 1979 l’articolo 3.1 del primo Statuto d’Autonomia[3] e l’articolo 6.1 dello Statuto del 2006[4], stabiliscono che il catalano è “llengua pròpia de Catalunya” e “com a tal, el català és la llengua d’ús normal i preferent de les administracions públiques i dels mitjans de comunicació públics de Catalunya, i és també la llengua normalment emprada com a vehicular i d’aprenentatge en l’ensenyament”. La legge 1/1998 del 7 gennaio di politica linguistica[5] afferma anche che “el català, com a llengua pròpia de Catalunya, ho és també de l'ensenyament, en tots els nivells i les modalitats educatius”.

Bisogna ricordare, tuttavia, che l’art. 3 della Costituzione Spagnola,[6] dichiara che “il castigliano è la lingua spagnola ed è ufficiale dello Stato [...] Anche le altre lingue spagnole saranno ufficiali nelle rispettive comunità autonome, d’accordo con i loro statuti [...]   La ricchezza delle diverse lingue di Spagna è un patrimonio culturale che sarà oggetto di rispetto e protezione speciali[7]”.

Queste divergenze spiegano i diversi punti di vista riguardo la questione linguistica. L’insegnamento della lingua catalana come prima e veicolare esiste dal 1983, dall’approvazione della legge 7/1983 di normalizzazione linguistica,[8] che ha introdotto il sistema di immersione linguistica obbligatorio nella scuola primaria e secondaria . Scrivere che il castigliano non ha spazio nelle scuole senza citare la norma di legge porta, inevitabilmente, il lettore a un’interpretazione ambigua. Sarebbe stato più corretto illustrare l’organizzazione della scuola spiegando che la lingua propria del paese è il catalano e che alcune lezioni vengono impartite in castigliano, con modalità differenti a seconda del tipo di immersione che si è scelta.

È importante sottolineare anche che il sistema dell’immersione linguistica ha dato un grande incentivo alla coesione sociale e migliori risultati riguardo le competenze linguistiche degli scolari. Il Comitato d’esperti della Carta Europea delle lingue regionali o minoritarie infatti ha riconosciuto, nel 2005, il successo del modello educativo catalano.[9]
La critica a questo sistema scolastico non tiene in considerazione l’importanza che ha avuto durante gli ultimi 10 anni con l’arrivo di circa un milione e mezzo di immigrati – su una popolazione di sei milioni - permettendone l’integrazione, evitando la discriminazione e salvando la lingua e la cultura della Catalogna.

Secondo le ultime statistiche, più del 95% della popolazione capisce il catalano e il 99% il castigliano; il 39% lo considera lingua di identificazione contro il 55% del castigliano:[10] «Da questo si deduce con tutta evidenza l’assurdità di certe posizioni politiche che temono per le sorti del castigliano, o spagnolo tout court, in Catalogna, che gode invece, come si vede, di ottima salute».[11]

In un editoriale pubblicato dal Centro Jordi Pujol[12] questo punto viene spiegato molto chiaramente: «la questione catalana aveva ed ha una componente molto importante d’identità. Di coscienza del paese (...) la Catalogna non è una nazione etnica, e non lo vuole essere. Però è e vuol essere una nazione per lingua e cultura. E per capacità di convivenza. La politica linguistica, culturale e sociale della Catalogna negli ultimi quarant’anni ha rispettato questi principi. Da formazioni politiche e ideologiche non sempre coincidenti, però fondamentalmente d’accordo sui temi del welfare, della convivenza e della lingua. Con l’obiettivo che in Catalogna ci sia il massimo possibile di interrelazioni e di coesione sociale». 


[1]. Cicala, Marco. Rebus catalano. Il Venerdì di Repubblica, 7/06/2013. Pag. 84-86.
[4]. Vedi nota 2.
[5]. Llei 1/1998 de 7 de gener de política lingüística. Generalitat de Catalunya. 1998. 13/11/2013.
[6]. Constitució Espanyola. Parlament de Catalunya. 2007. 13/11/2013.
[7] El castellano es la lengua española oficial del Estado. Todos los españoles tienen el deber de conocerla y el derecho a usarla. Las demás lenguas españolas serán también oficiales en las respectivas Comunidades Autónomas de acuerdo con sus Estatutos. La riqueza de las distintas modalidades lingüísticas de España es un patrimonio cultural que será objeto de especial respeto y protección.

[8]. Llei 7/1983 de normalització lingüística a Catalunya. Generalitat de Catalunya. 1983. 13/11/2013.
[11]. Rigobon, Patrizio. “La lingua catalana tra identità nazionale e cultura globale”. In: Massana, Eulàlia Vega (a cura di), Pensando alla Catalogna: Cultura, storia e società, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2009.
[12]. Catalunya, una nació de llengua, cultura i convivència. Centre d’Estudi Jordi Pujol. 2013. 13/11/2013. «la qüestió de Catalunya tenia, i té, un component molt important d’identitat. De conciencia de país. [...] Catalunya no és una nació ètnica, ni ho vol ser. Però és i vol ser una nació per llengua i cultura. I per capacitat de convivència. La política lingüística, cultural i social de Catalunya durant els darrers quaranta anys ha respost a aquests principis. Des de formacions polítiques i ideològiques no sempre coincidents. Però bàsicament d’acord en temes d’estat del benestar i de convivència i de llengua. Amb l’objectiu que a Catalunya hi hagi el màxim possible d’interrelació i de cohesió».