venerdì 1 agosto 2014

F.C. Barcelona: quando il calcio diventa una bandiera

di Giulia Villabruna  
dalla tesi di laurea «La qüestió catalana a la premsa italiana»

Lo sport è senza dubbio uno dei fattori d’identificazione più potenti che ci siano, e per i catalani è divenuto anche elemento di coesione sociale. In contesto spagnolo, il Clasico, cioè la sfida fra Barça e Real Madrid, oltre che una partita importante è soprattutto l’occasione per parlare ancora una volta dei problemi politici di una nazione. Il giorno prima della partita dell’autunno 2012, i giornali hanno commentato il match anche per raccontare la scelta della direzione del Barça di decorare il Camp Nou con i colori della bandiera catalana - la senyera a quattro strisce rosse in campo giallo – lasciando da parte per un giorno i tradizionali colori blu-granata, in catalano blaugrana. La parte più spettacolare, però, doveva arrivare ai 17’ e 14’’ di ciascun tempo – in ricordo della data dela caduta di Barcellona sotto il dominio borbonico con il grido unisono “Independencia!”, che tutti gli spettatori erano stati invitati a gridare, alzando bandiere estelades e senyeres.

Il commento di Alessio Schiesari per La Stampa[1] riassume l’importanza di «un “clásico” tutto politico: la metafora sportiva perfetta della contrapposizione tra la capitale e la Catalogna, mai così lontane, mai così rivali». Curiosa la parentesi storica: Schiesari spiega che «durante il franchismo i catalani hanno riversato sulle maglie e bandiere blaugrana tutto il sentimento di identità nazionale, a cui per lungo tempo è stata negata per legge ogni altra possibilità di espressione».

Essere tifosi del Barça significa essere catalano, identificarsi con un paese, con la Catalogna; in questo senso la squadra acquisisce valore e carattere marcatamente nazionali. Alcuni calciatori sono apertamente indipendentisti; altri, come l’eroe Leo Messi che proprio non riesce a parlare catalano, concludono comunque i ringraziamenti ai tifosi con un “visca Catalunya!”. Lo stesso Pep Guardiola, allenatore del Barça dal 2008 al 2012 e molto rispettato dentro e fuori Catalogna, ha dichiarato pubblicamente il suo supporto al processo di autodeterminazione durante la Diada del 2012.

Se è vero che il F.C. Barcelona è “més que un club” lo ha dimostrato proprio in queste occasioni, perché «non è una qualunque società di calcio, nella sua storia ha sempre sostenuto la causa catalanista e la democrazia. Non c’è niente che possa esprimere come il Barça il sentimento d’appartenenza del popolo catalano. È sempre stato presente nei momenti fondamentali che hanno segnato la storia del paese e la sua voce è autorevole».[2]

Di diversa opinione è Daniele Mastrogiacomo: su La Repubblica[3] nell’articolo «L'urlo dello stadio il Barcellona gioca per l'indipendenza» mescola sport, politica e analisi economica; si tratta di un articolo abbastanza negativo, che parla in maniera superficiale di economia e prevede conseguenze negative per la stabilità di tutto lo stato spagnolo: «la scelta alla lunga potrebbe avere effetti devastanti.

Luigi Guelpa usa il metodo inverso: comincia dalla metafora sportiva per poi arrivare al giudizio politico. Su Il Giornale[4] assimila gli ingaggi multimilionari dei calciatori con il bilancio dello stato in un comparazione forzata. Le decisioni dei due clubs (F.C. Barcelona i Real Madrid C.F.) riguardo i complessi meccanismi degli ingaggi e dei rimborsi dei giocatori non hanno nulla a che vedere con i problemi economici di Spagna e Catalogna e non si possono certo utilizzare come specchio delle relazioni fra i governi.

Gli italiani amano il Barça e probabilmente lo considerano la squadra più forte d’Europa. È interessante la proposta di ExtraTime supplemento settimana de La Gazzetta dello Sport, fonte d'informazione competente per tutti gli amanti dello sport, che riflette su una possibile squadra nazionale della Catalogna. Il reportage[5] inventa una formazione ufficiale della teorica selezione catalana – e i nomi proposti sembrano promettere grandi garanzie – e pubblica una mappa della regione e del mondo con i luoghi di nascita dei giocatori spagnoli e stranieri. Da osservare la didascalia della mappa, «Dodici giocatori della rosa del Barcellona sono nati in Catalogna. Il sentimento di appartenenza si spiega anche così», e la dichiarazione di Gerard Piqué: «Il Barcellona è un modo di insegnare il catalano al mondo».